lunedì 27 agosto 2012

Tanti auguri a me!

Oggi è il mio compleanno, e siccome qui posso essere molto più eccentrica e pazza di quanto già sia nella vita reale, mi auto-faccio gli auguri!

Mary Poppins, ti auguro che quest'anno ti porti tutte le risposte che cerchi, e qualche nuova domanda da farti, che sennò ti annoieresti! E che il giorno del prossimo compleanno tu sia un po' più felice, un po' più serena, un po' più cresciuta, con un po' più di chilometri nelle gambe e tante esperienze in più!

Può bastare? Sì, mi accontento di questi auguri :)
E vado a scolarmi un bel bicchierozzo di vino con il Pover'uomo!

lunedì 13 agosto 2012

Dei lavori di Mary Poppins

Oggi è il mio nuovo primo giorno di lavoro in una scuola di italiano di Firenze.
Già, lavorerò la settimana di Ferragosto, perché gli insegnanti "veri" sono in ferie, perché l'altra volta avevo avuto successo nelle classi e, diciamocelo, perché sono l'ultima ruota del carretto in questa super città.
In realtà sono comunque contenta. Questa scuola è stata la prima in cui ho insegnato, 3 anni fa, al mio rientro. Di cose ne sono successe in questo periodo,  più brutte che belle (ma anche belle, certo!), e io questa settimana di lavoro la prendo così, come se mi fosse offerta per "chiudere il cerchio".

Mary Poppins se ne va al lavoro nella sua super macchina e con le sue super Birkenstock in una Firenze deserta che trova davvero irresistibile.

mercoledì 8 agosto 2012

Di come Mary Poppins è finita qui

Il ritorno, dicevo. Per me ritornare è sempre il momento in cui inevitabilmente mi trovo a fare conti con le due Mary Poppins. Sì, che sono un po' schizzofrenica è abbastanza evidente anche soltanto partecipando a una mia lezione (beh almeno i miei studenti non si addormentano!), ma ci sono seriamente due me che non riescono proprio ad andare d'accordo. C'è la Mary Poppins figlia unica, che cerca di non deludere la sua longeva e ipernumerosa famiglia (di nonni e bisnonni ne ho conosciuti 8) e la Mary Poppins vera, quella che farebbe la valigia a cadenza annuale o quasi per esplorare tutto il mondo. Perché amiche e amici, diciamocelo, vivere a giro per il mondo non è come andarci in vacanza.

Qualche giorno fa, leggendo questo post, avevo pensato che anch'io avrei voluto scrivere come sono finita in questo posto che proprio non riesco ad amare (eppure io ho adorato tutte le città in cui ho vissuto), ma la verità è che non lo so neppure io. Se ci penso riesco solo a ricordare questo aneddoto.

Qualche anno fa (6 per l'esattezza, sigh!) vinco l'Erasmus (permettetemi di scrivere "vincere", dal momento che la mia facoltà è, credo, l'unica, in cui si lotta per partire e ci si spartiscono le destinazioni tra amiche in modo da non farsi concorrenza). Studiando già a 500 km da casa, penso che non sarà una cosa così traumatica per mia madre. Infatti lei finge diligentemente di non preoccuparsene fino a quando, a luglio, decide che deve almeno vedere il posto in cui vivrò per i prossimi 11 mesi. "Così ti posso immaginare", dice. Il mio babbo la accontenta, e partiamo tutti e 3 per un tour europeo: Germania e Olanda. Giunti nella ridente cittadina bavarese che mi avrebbe accolto (Regensburg, andateci perché è davvero bella), decidiamo di andare a pranzo in un ristorante tipico. Improvvisamente mia mamma scoppia a piangere sentenziando queste parole:

- Ecco, adesso verrai qui, ti troverai un tedesco e ti sposerai, e mi farai tanti nipotini che non vedrò mai e con cui non potrò nemmeno parlare!

Guardo il mio babbo in cerca di aiuto, ma anche lui è abbastanza sconvolto dall'immaginazione di mia mamma e riesce solo a dire: - Teresa, aspettiamo almeno che sia partita, no?

Ecco, mi viene in mente questo aneddoto perché mi rendo conto che in realtà mi ha colpito molto. Sentire questa paura, sapere che da quando me n'ero andata a studiare via da casa mia mamma non faceva nemmeno la spesa. Ricevere le chiamate del mio babbo "Torni questo fine settimana? Ho fame e il frigo piange!" E anche perché purtroppo, e so che non potrò dirlo mai, l'ossessione di non avere abbastanza soldi e di costare troppo mi è stata trasmessa così tanto da spingermi a lavorare nei mercati tutti i fine settimana e, in seguito, a tornare a casa ad "aiutare". La colpa è mia perché ho questo senso del rispetto eccessivo verso la mia famiglia, che mi fa mettere da parte tutto. Sono tornata perché poi il mio babbo ha avuto un incidente e ha perso il lavoro. E perché la Fatina stava male e io non riuscivo a starle lontano. E anche perché la mia mamma è triste. Sono tornata perché il Poveruomo mi reclamava, e soprattutto perché sapevo che se non fossi tornata in quel momento, non sarei tornata mai più.

E adesso aspetto di tornare la vera Mary Poppins, non tanto per ripartire (un po' ci spero... un po' tanto, in realtà), ma per svegliarmi una mattina e guardare di nuovo il mondo con i miei occhi neri e curiosi.

lunedì 6 agosto 2012

Il ritorno

E rieccomi qui, davanti al computer, a rimettere in ordine fatture, registri, cose da fare, cose dimenticate che avrei dovuto fare miliardi di anni fa... il tutto mentre trasudo senza pietà. Oggi sono poco produttiva, ma lo sono sempre d'estate. Un po' è l'incertezza di settembre. Lavorare come freelance ha questo lato negativo orribile (almeno per il momento): non sapere cosa succederà il mese prossimo. Avrò tempo di farmi la doccia? Sì, ci sono stati momenti, nei mesi scorsi, in cui dovevo segnarmi sull'agenda l'ora per la doccia -mi rifiuto di considerare doccia la tortura a cui mi sottopongo la mattina alle 6 quando mi obbligo a svegliarmi sotto l'acqua gelata! Oppure sarò costretta a tornare a lavorare nel pub fino alle 5 di mattina? Ma soprattutto, potrò svegliarmi ogni giorno felice di andare a lavoro o dovrò accettare incarichi orrendi solo per poter fare la spesa per me e per il Poveruomo?

Allontano questi problemi con un po' di buona musica e ammirando i tesori che ho conquistato in questi giorni lontani dal pc:

- Una scatola rossa in cui ci sono quasi tutte le foto di famiglia
- Gli orecchini della mia adorata bisnonna, la Fatina, che ieri ho "ereditato"

Partiamo dalla scatola rossa.
Certe volte devo richiuderla dopo aver tirato fuori un paio di foto. Comincio a singhiozzare e non riesco più a smettere. Nel giro di 2 minuti torno la bambina di pochi anni che vedo in quelle foto e sento ancora gli abbracci dei grandi, le storie che ascoltavo da piccola, quando tutto mi sembrava magico. Quando la mia bisnonna non era una bisnonna, ma una Fatina. Quando c'era il temporale e non dovevo avere paura dei tuoni, perché era solo il nonno Tonino che brontolava, e lo sentiva tutta la città. Quando avere la febbre era una gioia, perché potevo stare chiusa in casa, sul letto, a leggere tutti i libri che volevo (e ne leggevo davvero tanti!). Quando per chiamare l'ascensore bastava mettersi sulle scale e urlare "Ascensoreeeeeeee!" e la giornata peggiore era quella che dovevo trascorrere con il mio cugino IntindiTatto, di un anno più grande, che faceva del mio omicidio il suo scopo di vita. Mi ricordo il rumore della macchina da cucire della Fatina, nella Camera dei Balocchi, il cavallo a dondolo marrone, le ceste di giocattoli, i libri sulle mensole e quella luce bella che entrava dalla finestra. Era la casa dei nonni materni, dentro la scuola. Sì, loro abitavano dentro la scuola, il mio nonno era il rettore di un collegio statale. A casa non si poteva rompere niente, perché non erano cose nostre. Ma la furia distruttrice mia (mi chiamavano Attila) e di IntindiTatto era tale da riuscire a giocare a pallone nel salotto, colpendo e affondando il lampadario di cristallo. Ricordo ancora la faccia di mia nonna. Lei che ci sorrideva sempre e ci perdonava tutto. Quel giorno ci mise a sedere uno accanto all'altro, nell'ingresso, accanto al telefono. Lei, in piedi, compose tutti i numeri dei nostri genitori e disse: "Non li voglio più, veniteveli a riprendere". IntindiTatto se ne stava lì con la sua faccia da stronzetto. Io ero tristissima. E così cominciò l'attacco: "Scusaci Ninnina mia", "Non la facciamo più Ninnina". "Da domani saremo bravissimi, ma non mandarci via Ninnina". E la Ninnina ci tenne ancora, tutti i giorni, e ancora oggi, il giorno del suo 83esimo compleanno, ci guarda con la sua faccia sorridente. Oggi si preoccupa per noi, dice "Figli piccoli, pensieri piccoli", rimpiange gli inseguimenti di noi cugini a casa sua, tutta la confusione che riuscivamo a fare e i bei tempi con il Nonno Tonino e la sua armonica a bocca.

A voi non capita mai di sentirvi catapultati nella vostra infanzia? Sarà che è stato davvero il periodo più felice della mia vita.

Il secondo tesoro invece consta di un paio di orecchini di perle fintissimi e un paio di orecchini d'oro giallo. Non so cosa me ne farò, visto che difficilmente mi ingioiello. Ma sono fiera di averli, perché sono gli orecchini della Fatina, la mia dolce Fatina che se n'è andata pochi mesi fa, alla tenera età di 107 anni e un po'. Mi sono messa gli orecchini d'oro e sono andata a guardarmi allo specchio. Chissà che da oggi non cominci a diventare un po' più femmina, come avrebbe voluto lei.

Adesso bando alle ciance e via al lavoro!
Buona giornata a tutti!

domenica 5 agosto 2012

Hasta siempre Chamana de mi corazón!

Appena tornata a casa dal mio viaggio scopro che se ne è andata la mia adorata Chavela Vargas. Le dedico un post perché la sua musica e la sua vita mi toccano il cuore.

Metto il video di una delle sue canzoni più celebri, sperando che anche voi possiate apprezzarla!


Buon viaggio Chamana