giovedì 27 dicembre 2012

Racconto di Natale (2)

A questo punto tutti avete capito che sono nata in una famiglia piene di zie, abbastanza pazzerelle peraltro, e di nonni. Per ora mi sono limitata a descrivere la parte materna della famiglia perché dalla nascita della mia generazione -di cui paradossalmente sono l'unico esemplare femminile- il Natale si festeggia sempre ed esclusivamente a casa di nonna F. Si contano pochissime eccezioni:

Un Natale freddissimo nella casa in Umbria (forse il 1990) in cui mio cugino maggiore, detto il Killer per la quantità di volte in cui ha cercato di uccidermi causa gelosia infantile, se l'è fatta addosso numerose volte nel letto in cui dormivamo insieme.
Un Natale in campagna a casa della zia Dada, tuttora inspiegabile per la famiglia, non si sa perché nonna F. abbia accettato tale assurda proposta. Forse si sa. La zia Dada è un martello pneumatico: quando vuole una cosa non si ferma più e continua a chiederla fino all'esaurimento. Probabilmente è successo così. (La zia Dada è la mia zia preferita. La stimo tantissimo, soprattutto quando fa tutta una serie di cose assurde in cui poi riesce a convincersi di avere ragione. Esempio? Siamo a Madrid a trovare la parte spagnola della nostra famiglia, usciamo per un giro in centro con Ieie (sua e mia nipote) e il passeggino supersonico (alle avventure con il passeggino supersonico dedicherò un post futuro, visto che anche il Killer è incinto e le mie esperienze imbarazzanti si moltiplicheranno). Chiacchieriamo così animatamente che la zia non guarda più la strada ma ma e.... SBAAAAAM! Travolgiamo una coppia di povere madrileñe che se ne stavano ferme in Plaza del Sol e cominciano a sbraitare contro di noi. Io mi sarei sotterrata ma la zia Dada, con tutta la calma del mondo, risponde: "Ma come??? Ma come si permette scusi... è lei che sta ferma nel mezzo! Ma robe dell'altro mondo!" E se ne va. Con tale stile da lasciare tutte a bocca aperta.)

Insomma a Natale tutti nella casa di turno abitata da nonna F. Non c'è scampo.
Per anni sono stata l'ombra di nonna F. I miei genitori lavoravano tutto il giorno e dopo l'asilo nido-scuola materna-scuola passavo il pomeriggio a casa di nonna F. Iniziavano le vacanze e partivo con lei. Per dovunque, mare, campagna... Non crediate che mi dispiacesse, anzi. Stavo benissimo!
E così le vacanze di Natale cominciavano quando nonna F. procedeva al restyling delle varie stanze della casa. Era il segnale. Tavoli, tavolini, tavoloni, seggiolini, sedie, congelatori che apparivano strapieni di roba... solo nonna F. poteva stare dietro a tutte quelle cose. Il 23 dicembre si apparecchiava per la cena della vigilia. Ma no, devo dirvi prima dove abitava nonna F. Così capite la magia.

Nonno T., essendo rettore di un Convitto, aveva un appartamento all'interno della scuola. L'ultima scuola in cui ha lavorato, quella della città in cui sono nata, offriva un appartamento supersonico. Lo ricordo benissimo, nonostante siano passati 16 anni dall'ultima volta in cui ci sono entrata. Era più o meno così:


Allora, i tavoli, tavolini eccetera provenivano anche dalle aule confinanti (naturalmente era mio compito trasportarli e poi rimetterli a posto). Si apparecchiava in tinello, perché nel salone grande doveva arrivare Babbo Natale. C'era un albero di Natale per stanza, più o meno, e una serie di presepi di tutti i tipi: di cristallo, peruviano, tradizionale... I preparativi erano frenetici ma nonna F. era contenta. Diverse erano le cose il 24, quando mi sorbivo mamma Teresa e il suo stress natalizio: regali da impacchettare, docce e capelli da fare, vestiti puliti e guai a chi cercava di sfuggire alla sua ira funesta: mamma Teresa ne aveva per tutti, e se ti vedeva giocare un secondo ti chiamava perché dovevi mettere il dito lì, per aiutarla a fare i pacchetti. Inutile dirvi come potesse essere frastornata una bambina: da una parte una nonna che preparava decorazioni, tavoli, cena e pranzo di Natale per almeno 20 persone divertendosi, dall'altra una mamma stressata dai pacchetti sgangherati.

Finalmente arrivava la sera di Natale. Tutta la famiglia suona il campanello, nonna F. apre con il suo sorriso rassicurante. Noi bambini siamo agitati perché arriva Babbo Natale. Ma passerà soltanto o verrà proprio di persona? Ma perché dobbiamo mangiare prima, noi vogliamo Babbo Natale! Bastavano un paio di lamentele e nonno T. già ci aveva messo in riga. Lui con l'armonica a bocca a suonare Rosamunda, io a ballargli davanti, il Killer a sfottermi. Una volta separati me e il Killer in rissa, lo mandavano a giocare con i cuginetti (due anni di meno e sembravano così piccoli!). Per me era la volta dei canti di Natale (ve lo racconto ma è davvero raccapricciante, povera piccola MaryPoppins). La mia famiglia adora la musica e la vittima ero io. Nonno T. accendeva il mangianastri e mi piazzava nel salone proibito a cantare i canti di Natale. Ma non era uno spettacolo, no! Loro se ne stavano a conversare sul Divanissimo e io lì di lato a fare da sottofondo. Canta, che Babbo Natale ti porta i regali più belli.
Cosa non si fa per Babbo Natale!

(...)

domenica 23 dicembre 2012

Post natalizio con dedica =)

A tutti quelli che incontro e mi dicono:

MA GOOGLE TRANSLATE FUNZIONA!!

A tutti quelli che incontro e mi chiedono:

MA GOOGLE TRANSLATE FUNZIONA??

Dedico questa canzone che mi fa buttare via!

Jingle bells in ITALIANO tradotto con Google Translate

Racconto di Natale (1)

Il Natale è un momento speciale di ogni anno. Inutile negarlo. Tutti ne siamo travolti, pur non volendo. Luci e decorazioni, molti più sorrisi e cordialità, auguri e belle parole anche da persone che fino alla settimana scorsa non riuscivano neppure a salutarti. Mi ha sempre sorpreso, il Natale. Sarà che sono allegra e di buonumore o che sono davvero felice quando incontro qualcuno che conosco -quindi non ho problemi a esprimere affetto-, a me il detto "a Natale siamo tutti più buoni" ha sempre turbato.

A casa mia, o meglio, a casa della mia famiglia di quasi tutte donne, il Natale è il momento di tante piccole tradizioni nostre e solo nostre, che mi riportano indietro con la memoria ai miei 6 o 7 anni. Cena della Vigilia seguita da scambio di regali sempre e rigorosamente da Nonna F.

Dovete sapere che Nonna F. è un personaggio davvero particolare. Insegnante di educazione tecnica in pensione, figlia della Fatina (la mia nonnabis, nata il 4 ottobre 1904 e restata con noi fino allo scorso febbraio), porta egregiamente i suoi 83 anni. Passa le giornate rinchiusa in una casa di campagna a litigare con due cani o -telefonicamente- con due sorelle maggiori. Quando non è impegnata in una di queste attività, produce una quantità industriale di maglie, quadri a punto croce, qualsiasi abbriccico fatto a decoupage, gioielli, decorazioni per la casa e vestititini/cappottini/borsine/regalini per le sue bisnipoti Bel e Ludo (ancora in pancia, Ludo vanta un armadio da fare invidia alle più celebri modelle). Dovrò postare una foto perché la mia descrizione non rende bene l'idea: Nonna F. è capace di preparare un paio di maglioni a maglia in una giornata senza nemmeno guardare il lavoro, gli occhi sono fissi sulla televisione, con cui naturalmente litiga. Portata dal geriatra per un controllo di routine, il dottore pronunciò con tono allarmato le seguenti parole: -Signora, ma è un hobby o l'hanno messa ai lavori forzati?

Nel lontano 1957, nonna F. sposò il mitico nonno T.
Il nonno T., il mio secondo amore dopo il nonno G. Alto, no, altissimo. Occhiali spessi una decina di centimetri. Suonava l'armonica a bocca e la pianola (tastiera) senza aver mai preso lezioni di musica. Recitava a memoria parti intere dell'Iliade e dell'Odissea, in greco e in metrica. Il nonno T. era stato messo in collegio da piccolo, lontano dalla sua famiglia, al nord. Era l'ultimo di una quantità sconosciuta di figli (la leggenda dice che fossero 16). Delle poche sorelle che anch'io ho conosciuto mi è pervenuto davvero un numero limitatissimo di notizie. Nessuno sa la loro età, per esempio. Comunque, il nonno T. ha frequentato il liceo classico in Convitto e poi, lavorando come Istitutore all'interno del Convitto, si è laureato in filosofia. Erano gli anni Cinquanta. Trasferitosi dal nord a Roma per lavoro, si ritrovò a insegnare in una scuola maschile situata proprio davanti a una femminile, quella in cui Nonna F. era professoressa di Economia domestica. Il flirt fu immediato, a giugno del 1957 si sposarono e a novembre nacque la mia dolce mammina Teresa. Con un rapido calcolo potrete capire che si sposarono mentre i lavori erano già in corso, ma nessuno l'ha mai raccontato finché la sottoscritta trovò la data del matrimonio dietro a una vecchia foto. La risposta fu egregiamente glissata con un "Sarà sbagliata la data della foto, amore!". (Nessuno dei miei nonni era/è cattolico, ma deve essere stato comunque un vero problema).
Il nonno T. non aveva mai vissuto in famiglia. Non sapeva neppure cambiare una lampadina, tutto quello che toccava cadeva in frantumi (per questo dicono che gli somiglio), era però una persona di un'intelligenza fuori dal comune. Sensibilissimo, innamorato di nonna F. fino al 1997, l'anno in cui è volato via. Orgoglioso della sua famiglia, sapeva riunirci e divertirci. Ancora piango per lui, soprattutto quando fuori tuona. Da piccola avevo paura dei temporali, mia mamma mi abbracciava e diceva: "Non avere paura, è il nonno T. che brontola!". Io ridevo e tornavo a letto. Il nonno T. viveva per la famiglia e per il lavoro. Diventò rettore e preside di un Convitto in Toscana, e così si trasferì con tutte le sue donne.

Sì, perché dopo la mia mamma Teresa, che doveva essere il primo figlio maschio, nacque la zia Dada. E dopo la zia Dada, la zia Tella. A quel punto credo che mio nonno si arrese.

(Gli elementi combinati mi aspettano, to be continued...)

giovedì 13 dicembre 2012

Vecchie foto

Trovo una vecchia foto, la guardo e mi ripenso a come ero felice. Senza nessuna certezza, senza sapere cosa avrei fatto di lì a pochi mesi.

Ma quando è cambiato tutto? Forse è questo crescere? Cominciare a pensare a così tante cose da non avere più il tempo di ricordare quello che ci rendeva felici? Prendersi delle responsabilità e dover andare avanti, perché ormai abbiamo fatto delle scelte, è questo crescere? Non lo so. Io non sono brava a scegliere. Il 50% di me è vagabondo, l'altro 50% è spaventato dal 50% libertino e vuole controllarlo. In questo momento è lui che ha il sopravvento. Per questo cerco sempre le certezze negli altri, perché io non so darmele.

Sono molto irrequieta quando mi legano allo spazio, diceva Alda Merini.

Voglio partire, andarmene lontano, e poi tornare. E poi ripartire. Conoscere il mondo, parlare con sconosciuti, fare nuovi amici, piangere, perdermi, stupirmi. Qui non posso dirlo a nessuno, quando lo racconto, tutti si spaventano. Che palle dover convivere con persone che non vogliono mai ascoltare un punto di vista diverso dal loro.
Questi giorni di tante traduzioni e poche lezioni mi fanno male, sto troppo tempo da sola.

mercoledì 12 dicembre 2012

Non c'è tempo da perdere...

... ma oggi non riesco a stare ferma un secondo!

Avete presente quelle giornate invernali in cui c'è un sole stupendo e voi vorreste tantissimo uscire e godervelo perché sapete che è una rarità... e invece prima ho dovuto inviare una traduzione tecnica dal tedesco e poi ero già in ritardo con la prossima traduzione giuridica dallo spagnolo.
Quindi niente sole, solo freddo e tante parole scritte, rannicchiata sotto la copertina rossa e con un bel litro di tè sul tavolo.

In queste giornate di solitudine e problemi di traduzione, lo confesso, quando faccio pausa alzo il volume del pc e mi metto a ballare come una cretina. Mi mette di buonumore. Ditemi che c'è qualcuno che mi legge e lo fa vi prego!

Per fortuna, dopo essermi esibita in una splendida coreografia di "Single Ladies" davanti ai dirimpettai ai tempi dell'università, ho imparato a chiudere le tende prima di darmi alle danze!

domenica 9 dicembre 2012

Considerazioni (non alcoliche) sulla vita

Ecco, stamani mi sono svegliata con un milione di cose da fare, fuori fa freddo ma splende un sole bellissimo (vedi foto in basso) e per cominciare con il piede giusto ho deciso di leggere un po' i blog amici. Leggere quello che scrivete è divertente, rilassante, anche un po' consolante. Mi rendo conto che ci sono molti più personaggi sulle nuvole di quanto credessi che, come me, cercano di restare in contatto con la realtà.

Per me è difficilissimo, stare con i piedi per terra. Ci provo ogni giorno e ci riesco nella misura in cui sono occupata "fisicamente": insegnare, fare la spesa, guidare... cose che richiedono concentrazione e che lasciano un margine ridotto alla fantasia. Mentre insegno penso ai miei studenti. Mentre faccio la spesa alla CoopSeiTu sono così impegnata a capire come diavolo funziona il Salvatempo che posso divagare ben poco. Guidare è stato un problema fino a qualche mese fa: dopo aver stondato tutte le fiancate della mia povera macchina e anche tutti i lati del garage, su richiesta (o minaccia) del Poveruomo, ho deciso di diventare una pilota provetta.

Ma poi, quando mi fermo davanti al pc per tradurre o studiare, la mia fantasia parte. Se sono molto concentrata e ho una scadenza a breve riesco a tornare immediatamente indietro. Come si fa a lasciar libera la propria immaginazione, quando si traduce dal tedesco un manuale sugli elementi combinati? Ma troppo spesso mi è impossibile. Per questo motivo, da un paio di anni, sono più incline ad accettare traduzioni di testi non troppo lunghi. In questo modo riesco a essere più produttiva. Vedo l'ultima battuta avvicinarsi e mi dico "Forza MaryPoppins, hai quasi finito".

Ma per scrivere una tesi ci vuole la testa davanti al computer. Ci vogliono concentrazione, tempo, silenzio. Tutte cose che mi mancano da morire. Quanto vorrei avere un ufficio dove rinchiudermi! E una famiglia un po' meno stravagante (almeno per i prossimi... 6 mesi?). Quanto vorrei non dovermi preoccupare di abbandonare tutti i ragazzini delle ripetizioni (ne ho 8) che prendono 3 e non vogliono studiare o quelli che prendono 7 e vogliono ancora migliorare. E quanto vorrei tornare a casa stravolta la sera dopo 12 ore di lezioni/traduzioni e non avere questo pensiero di dover fare una cosa importante per la quale non ho assolutamente energie.

Sì, da quando sono tornata "a casa" (virgolette, perché non mi ci sento), nessuno mi ha chiesto se fossi in possesso di una laurea specialistica. Bastava già la mia triennale, bastava già la mia certificazione Ditals di II livello. Ma per me questa tesi è importante. Ho finito gli esami in tempo, ho già letto tutta la bibliografia necessaria. Devo solo sedermi e scrivere. Forza MaryPoppins, ce la devi fare!

Sole a dicembre