sabato 15 settembre 2012

Considerazioni sull'insegnamento

Premetto che questo post potrebbe essere un po' polemico, ma nasce semplicemente come sfogo.


Questa è la vista dalla caffetteria della biblioteca delle Oblate, proprio in centro a Firenze. Che meraviglia, no? La scuola in cui insegno -molto temporaneamente- ha la stessa vista. Vuol dire che mentre lavoro, mi giro, e... tac! Un capolavoro così. Come si può non essere sorpresi? Come si può essere indifferenti?
Invece in quella scuola sono circondata da persone indifferenti, annoiate, tristi. E mi fanno così rabbia che le prenderei per i capelli e le sgriderei come si meriterebbero. Perché loro hanno la fortuna di avere un lavoro fisso in cui incontrano gente nuova ogni giorno. Di insegnare a persone motivate, che hanno voglia di imparare, che sono contente di scoprire cose sull'italiano e sugli italiani, che sono curiose e meravigliate dalla città in cui viviamo. Hanno una retribuzione dignitosa per il lavoro che fanno (e che hanno scelto). Non si trovano a insegnare in contesti "di emergenza" (che personalmente preferisco, ma sono davvero più impegnativi, se non altro psicologicamente, di 6 ore di lezione lì). Non hanno classi di adolescenti arrivati l'altro ieri dalla Cina e catapultati in un mondo nuovo, con persone che non hanno mai visto ma che sono i loro genitori. Non devono alfabetizzare sessantenni marocchini che tra un mese dovranno sostenere l'esame A2 di italiano. Il loro modo di trattare gli studenti e i colleghi molto temporanei (come me) è davvero un'offesa a chi ama il proprio lavoro e si impegna a farlo con passione. Si parla tanto della centralità dell'apprendente, ma ben pochi, lì dentro, se ne ricordano davvero.

Di quella scuola salvo due persone, il capo e un'insegnante. Ma sono troppo poche. Ecco, era da un po' che volevo scriverlo, e ora l'ho scritto. E già che ci sono, finisco in bellezza. Sì, è difficile lavorare in questo momento, è necessario tenersi stretti il proprio posto di lavoro, blablablabla. Ma non collaborare, tenersi tutto per sé, non condividere niente... non è la soluzione. Le simpatiche colleghe che lavorano stabilmente lì hanno difficoltà perfino a salutarmi. Sono invisibile! Quando le cerco per dire cosa ho fatto con la loro classe nelle mie ore (siamo sempre due insegnanti per classe) invece di ringraziarmi o di ascoltarmi, mi dicono: "Lo chiederò agli studenti". Ci sono studenti in difficoltà a cui basterebbe consigliare un libro, ma non lo fa nessuno... ma che tristezza lavorare così. Che palle! Se non ci si impegna mai, se i tuoi studenti non sono importanti per te... come puoi insegnare bene? Io voglio bene a ciascuno di loro, fin dal primo minuto di lezione. Poi ne strozzerei alcuni, certo, ma io devo prendermi a cuore la mia classe per essere una buona insegnante. Devo preoccuparmi di conoscerli, capire i loro gusti, le loro necessità, altrimenti come faccio a insegnare in modo efficace?

E pensare che aprirei la porta della mia classe a tutti i miei colleghi, e andrei in tutte le classi a vederli lavorare... senza aver paura di giudizi, senza farsi troppe seghe mentali. Sai quante cose potremmo imparare gli uni dagli altri?

1 commento:

  1. Potrei scrivere un papiro lungo 30km su questo che dici ...
    L'anno scorso in Slovenia il paradiso: collaborazione, condivisione, didattica, sforzi comuni, confidenze ma mai pettegolezzi, supporto ...
    Venivo (e sono tornata purtroppo) a una realtà che è simile a quella che descrivi! Non collaboro mai con nessuno, mai uno scambio di materiali, niente ... :-(

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